venerdì 13 giugno 2014

LA BIODIVERSITÀ DEL CONFLITTO

Il segnale di vitalità e la produzione di energia che ha attraversato il paese, riconducibile ai movimenti per il diritto all'abitare e all'esperienza di “Abitare nella crisi”, sta subendo un'evidente aggressione da parte dei poteri dello stato. Gli apparati delle procure mostrano i muscoli e in sintonia con il governo Renzi, con le prefetture e le questure di molte città italiane eseguono sgomberi, sfratti, arresti e misure cautelari.
Una situazione questa in continua evoluzione. La rottura profonda immaginata nell'espressione del conflitto contro un modello di sviluppo criminale, corrotto e non riformabile, ha sedimentato lentamente il virus e l'anticorpo necessari. Una danza di resistenza e tutela di diritti primari non comprimibili, che si è deciso di fronteggiare violentemente proprio per la sua capacità aggregativa dentro strati sociali colpiti duramente dalla crisi.
In parole povere, l'interessante combinazione sociale che quotidianamente ha proseguito, in forme indipendenti, a generare mobilitazioni e presìdi di contropotere attraverso pratiche di riappropriazione e contrattazione autonoma con le controparti, non consente la sopraffazione definitiva progettata da provvedimenti che rendono strutturale la precarietà di vita, da accettare volenti o nolenti.

L'idea di poter addomesticare definitivamente il conflitto non è solo accarezzata, ora è decisamente praticata e colpisce con durezza le lotte in tutta Italia.
Ci siamo spinti troppo in là? La sopravvivenza della specie è stata gravemente compromessa? Dobbiamo accettare di diventare un pugno di cloni geneticamente identici, in grado di adattarci a metodi di gestione “politico” dello scontro? Perdere la variabilità e la ricchezza che i territori ci hanno consegnato con la sorprendente manifestazione del 19 ottobre scorso?
Per noi la soluzione è aiutare questo percorso a evolversi non in modo artificiale. Disseminare questo virus/anticorpo e favorire una miscela genetica che non abbia solo le caratteristiche fredde dell'innesto organizzato, che produce un frutto migliore. Ecco perché è così importante conservare un modulo che sappia valorizzare quanti più geni differenti. Una biodiversità non catalogabile e in grado di contrastare i processi repressivi, che si stanno dispiegando cercando di scoprire i punti deboli dove attaccarci ed eliminarci definitivamente.
Ogni volta che smettiamo di coltivare la chimica che ha prodotto importanti giornate dislocate e centrali, rischiamo di dare vita a contenitori non utili alla riproduzione di un'arma vincente. Solitamente la maggiore biodiversità di ogni specie si trova nel luogo in cui ha avuto inizio la sua evoluzione, dove si sono sperimentate per la prima volta tutte le possibilità di come potevamo essere. Questo vale per la Valsusa, come per “Abitare nella crisi”, o altre esperienze dove si è scelto il meticciato allo spazio tra simili.
Questo spaventa e questo viene colpito. Non consentiamo di uccidere questa biodiversità del conflitto, che non esclude le soggettività organizzate ma gli chiede numerosi passi indietro, dentro un'ipotesi di valorizzazione collettiva capace di agglutinare la minaccia necessaria.
Verso Torino, favoriamo l'organizzazione di uno spazio di confronto che renda più omogeneo, colluso, intrigante, devastante per il governo Renzi, il nostro percorso comune. Una lucida rabbia in grado di non consegnare solo alla piazza i segnali necessari.

Liber@ tutt@ subito! 
Una sola grande opera: casa e reddito per tutt@!
#civediamolundici


Blocchi Precari Metropolitani

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