Una situazione questa in continua evoluzione. La rottura profonda
immaginata nell'espressione del conflitto contro un modello di
sviluppo criminale, corrotto e non riformabile, ha sedimentato
lentamente il virus e l'anticorpo necessari. Una danza di resistenza
e tutela di diritti primari non comprimibili, che si è deciso di
fronteggiare violentemente proprio per la sua capacità aggregativa
dentro strati sociali colpiti duramente dalla crisi.
In parole povere, l'interessante combinazione sociale che
quotidianamente ha proseguito, in forme indipendenti, a generare
mobilitazioni e presìdi di contropotere attraverso pratiche di
riappropriazione e contrattazione autonoma con le controparti, non
consente la sopraffazione definitiva progettata da provvedimenti che
rendono strutturale la precarietà di vita, da accettare volenti o
nolenti.
L'idea di poter addomesticare definitivamente il conflitto non è
solo accarezzata, ora è decisamente praticata e colpisce con durezza
le lotte in tutta Italia.
Ci siamo spinti troppo in là? La sopravvivenza della specie è stata
gravemente compromessa? Dobbiamo accettare di diventare un pugno di
cloni geneticamente identici, in grado di adattarci a metodi di
gestione “politico” dello scontro? Perdere la variabilità e la
ricchezza che i territori ci hanno consegnato con la sorprendente
manifestazione del 19 ottobre scorso?
Per noi la soluzione è aiutare questo percorso a evolversi non in
modo artificiale. Disseminare questo virus/anticorpo e favorire una
miscela genetica che non abbia solo le caratteristiche fredde
dell'innesto organizzato, che produce un frutto migliore. Ecco perché
è così importante conservare un modulo che sappia valorizzare
quanti più geni differenti. Una biodiversità non catalogabile e in
grado di contrastare i processi repressivi, che si stanno dispiegando
cercando di scoprire i punti deboli dove attaccarci ed eliminarci
definitivamente.
Ogni volta che smettiamo di coltivare la chimica che ha prodotto
importanti giornate dislocate e centrali, rischiamo di dare vita a
contenitori non utili alla riproduzione di un'arma vincente.
Solitamente la maggiore biodiversità di ogni specie si trova nel
luogo in cui ha avuto inizio la sua evoluzione, dove si sono
sperimentate per la prima volta tutte le possibilità di come
potevamo essere. Questo vale per la Valsusa, come per “Abitare
nella crisi”, o altre esperienze dove si è scelto il meticciato
allo spazio tra simili.
Questo spaventa e questo viene colpito. Non consentiamo di uccidere
questa biodiversità del conflitto, che non esclude le soggettività
organizzate ma gli chiede numerosi passi indietro, dentro un'ipotesi
di valorizzazione collettiva capace di agglutinare la minaccia
necessaria.
Verso Torino, favoriamo l'organizzazione di uno spazio di confronto
che renda più omogeneo, colluso, intrigante, devastante per il
governo Renzi, il nostro percorso comune. Una lucida rabbia in grado
di non consegnare solo alla piazza i segnali necessari.
Liber@ tutt@ subito!
Una sola grande opera: casa e reddito per tutt@!
#civediamolundici
Blocchi Precari Metropolitani
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