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martedì 14 ottobre 2014

Genova, lo Stato del fango

Ci risiamo. E ancora a Genova. Ma non è la prima volta e non sarà l’ultima città vittima di un modello di sviluppo vorace che, consumando suolo e sottomettendolo agli interessi della rendita, fa i conti con eventi in grado di restituire “naturalmente” il territorio alle sue funzioni originarie. Quindi un alveo di un fiume torna ad essere quello che deve essere, o almeno ci prova, rompendo lo schema del cemento che lo vorrebbe ingabbiare e devastando la speranza che l’infrastruttura umana regga l’impatto mortale. Le responsabilità sono chiare ed è inutile cercare capri espiatori da esibire tramite televisioni e giornali. La bulimia edilizia di questo paese è tragicamente andata oltre ogni ragionevole tolleranza e deve essere fermata. Se non lo facciamo noi lo fa il Bisagno, il Sarno, il terremoto.
La tragedia vera però deve ancora arrivare. Lo sblocca-Italia e la nuova legge urbanistica del ministro Lupi, salutati come panacea economica e considerati portatori di benessere e sicurezza, di agevolazione degli iter burocratici ed eliminatori di paletti giuridici, daranno il colpo di grazia ad un territorio nazionale già ampiamente saccheggiato. L’altare delle grandi opere e dei grandi eventi è già innalzato e le lodi all’importanza di far ripartire i cantieri, tra precarietà e cemento, si levano alte e decise. Anche in commissione ambiente il prode ambientalista Realacci supportato dal convertito Chicco Testa plaudono al Tap, al Tav, all’Expo e figuriamoci se non saranno in prima fila nel superare le lamentele delle Sovrintendenze o degli amministratori locali preoccupati per il loro territorio a rischio. Il dna del governo Renzi