Ci risiamo.
E ancora a Genova. Ma non è la prima volta e non sarà l’ultima
città vittima di un modello di sviluppo vorace che, consumando suolo
e sottomettendolo agli interessi della rendita, fa i conti con eventi
in grado di restituire “naturalmente” il territorio alle sue
funzioni originarie. Quindi un alveo di un fiume torna ad essere
quello che deve essere, o almeno ci prova, rompendo lo schema del
cemento che lo vorrebbe ingabbiare e devastando la speranza che
l’infrastruttura umana regga l’impatto mortale. Le responsabilità
sono chiare ed è inutile cercare capri espiatori da esibire tramite
televisioni e giornali. La bulimia edilizia di questo paese è
tragicamente andata oltre ogni ragionevole tolleranza e deve essere
fermata. Se non lo facciamo noi lo fa il Bisagno, il Sarno, il
terremoto.
La tragedia
vera però deve ancora arrivare. Lo sblocca-Italia e la nuova legge
urbanistica del ministro Lupi, salutati come panacea economica e
considerati portatori di benessere e sicurezza, di agevolazione degli
iter burocratici ed eliminatori di paletti giuridici, daranno il
colpo di grazia ad un territorio nazionale già ampiamente
saccheggiato. L’altare delle grandi opere e dei grandi eventi è
già innalzato e le lodi all’importanza di far ripartire i
cantieri, tra precarietà e cemento, si levano alte e decise. Anche
in commissione ambiente il prode ambientalista Realacci supportato
dal convertito Chicco Testa plaudono al Tap, al Tav, all’Expo e
figuriamoci se non saranno in prima fila nel superare le lamentele
delle Sovrintendenze o degli amministratori locali preoccupati per il
loro territorio a rischio. Il dna del governo Renzi