Le
pressioni della proprietà sul tribunale e sulla questura alla fine
han fatto sì che lo stabile dopo aver ripreso vita con l’occupazione
tornasse ad essere vuoto ed abitato solo da topi e piccioni, così
come era fino allo scorso maggio 2013. La proprietà, due ricche
famiglie parmigiane dotate di un patrimonio di decine e decine di
appartamenti e negozi, ha preteso con forza lo sgombero, non sappiamo
se per avviare altri progetti speculativi sull’area, che andrebbero
ad ingrassare un già abbondante bottino, oppure per cruda volontà
di affermare la superiorità del diritto di proprietà rispetto al
diritto ad un’esistenza degna da parte di chi si trova in grave
situazione di difficoltà economica.
Non
ci meraviglierebbe vedere, dopo lo sgombero, la casa continuare a
marcire inutilizzata come d’altronde è successo dopo gli sgomberi
di via Bengasi, Borgo Poi, via Trento e dopo lo sgombero della ex
scuola di Marore.
Le
tre famiglie e la signora single che hanno abitato nello stabile
hanno trovato una soluzione alternativa, in tutti e tre i casi
precaria. Nessuno è finito in strada o in dormitorio, e questo è un
risultato che è stato raggiunto. E’ stato veramente desolante
constatare, negli innumerevoli incontri e presidi di protesta,
riscontrare che da parte dell’amministrazione comunale, nella
persona dell’assessore Rossi, non si è potuto ma più
probabilmente voluto, trovare una soluzione adeguata per famiglie nei
cui nuclei ci sono tanti minori e addirittura un bimbo nato a gennaio
2014.
Se
da un lato si è notata un’indifferenza non casuale nel senso che
riteniamo che all’amministrazione penta stellata non piaccia
troppo l’attivismo della Rete Diritti in Casa e la sempre più
ampia presa di coscienza, da parte delle persone in difficoltà, che
la casa non è un privilegio, dall’altro c’è la ben più
drammatica constatazione che gli strumenti in mano
all’amministrazione Pizzarotti per fronteggiare l’emergenza casa
si sono esauriti o sono completamente inadeguati. In occasione delle
elezioni i proclami di cambiamenti “rivoluzionari” dei 5 stelle
si sprecavano, oggi ci troviamo di fronte a un riverente timore di
intaccare le posizioni dei poteri forti della città. Le scelte, sul
fronte delle politiche per la casa, devono essere fatte in modo serio
e deciso. Occorrono: il blocco degli sfratti, la requisizione degli
edifici vuoti e la conversione del Parma Social House in case
popolari. Le case ci sono già per tutti, basti vedere quante ce ne
sono di vuote e inutilizzate e la requisizione, che non è
fantascienza, consentirebbe anche di realizzare il risparmio di suolo
agricolo tanto propagandato in periodo elettorale. Il moderatismo
legalitario di questa amministrazione, tra l’altro, fa a pugni con
le posizioni assunte dai colleghi di partito in altre situazioni,
così vediamo che ad Ancona il M5S appoggia l’occupazione di Cà de
Nialtri, a Roma la deputata Lombardi sostiene e dà voce ai compagni
del movimento di lotta per la casa colpiti dalla repressione e il
gruppo propone in Parlamento un emendamento contenente il blocco
degli sfratti, mentre a Parma invece le occupazioni danno fastidio
all’amministrazione che non cerca nemmeno di trovare soluzioni
adeguate a famiglie che hanno intrapreso il percorso di lotta e che
si impegnano quotidianamente per difendere il diritto alla casa di
altre persone in stato di necessità.
Per
quanto ci riguarda la lotta è solo all’inizio e saranno i fatti a
dimostrare se le grandi proprietà immobiliari e i poteri forti della
città potranno continuare ad agire indisturbati a sostegno della
rendita parassitaria oppure se c’è una possibilità di cambiamento
reale in questa società con una divisione più equa della ricchezza
che possa garantire un’esistenza degna a tutti/e. Noi continuiamo
ad agire dal basso, mostrando le contraddizioni e le ipocrisie di chi
ci governa e di chi ci comanda veramente, convinti che la strada sia
quella giusta, ma anche consapevoli che la lotta si farà sempre più
dura.
Rete
Diritti in Casa
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