venerdì 6 marzo 2015

Oltretorrente Libero e Solidale: spunti e considerazioni sulla tre giorni


“There’s no reason for the establishment to fear me. But it has every right to fear the people collectively – I am one with the people.” (H.P. Newton)

Ci siamo chiesti come si abita un territorio e cosa voglia dire prendersi cura del proprio quartiere, come sperimentare forme di autogestione partendo da noi stessi, dalle nostre specificità e differenze, sottraendoci al giogo dei poteri che basano i loro diktat su svendita e cementificazione, incuranti dei desideri e delle aspirazioni di chi il territorio lo vive ogni giorno.
Questa tre giorni, ricca di iniziative ed eventi culturali, rappresenta una prima sperimentazione che vuole sviluppare insieme un ragionamento sulle possibili pratiche della cooperazione sociale e del mutuo aiuto, promuovendo la buona gestione del patrimonio storico, sociale e culturale, e pratiche di sviluppo sostenibile e riproducibile.

Lo abbiamo fatto senza il velleitarismo di volere giungere ad una sintesi con chi ha preso parte a questi giorni di iniziative. Sappiamo di essere diversi nelle pratiche e nei linguaggi, ma tutti andiamo a comporre il mosaico che chiamiamo Oltretorrente. Tuttavia abbiamo cercato di andare oltre l’atomizzazione dei rapporti interpersonali e l’isolamento del soggetto nei tempi di produzione e riproduzione provando a stabilire un minimo comune multiplo: il mutualismo.
L’esperimento dell’Oltretorrente Libero e Solidale si pone anche come alternativa alle politiche securitarie e alle ordinanze antibivacco, che servono solo a fomentare odio e incrementare il divario tra le varie componenti che lo abitano.
Abbiamo deciso all’interno del nostro quartiere di riaffermare che al centro dell’operato, nostro e di chi ha dato vita a queste giornate, c’è la solidarietà; diametralmente contrapposta ai sentimenti di solitudine e paura su cui si fonda la campagna xenofoba di Lega Nord e dei “fascisti del terzo millennio”. Il nostro punto di vista è quello dell’agire in forma cooperante, in contrapposizione a chi promuove razzismo e invoca naufragi. In netta antitesi con chi ricama le parole “partecipazione” e “sostenibilità” su un canovaccio fatto di speculazione e sconvolgimenti del territorio. Crediamo che un modello sociale sostenibile debba fondarsi sul riconoscimento delle esperienze che basano la loro esistenza sull’affermazione di principi di democrazia partecipativa vera, in grado di porre in essere elementi di mutualità, al di fuori delle finalità del profitto, ma nell’interesse generale della comunità. Esempi reali di alternativa, e non campagne di marketing che si appropriano di linguaggi e desideri della collettività per operazioni speculative. Parole come “sostenibilità”, “ambiente”, “valorizzazione del capitale umano”, “nutrizione”, sono sempre più utilizzate per sponsorizzare la creazione di opere inutili, o, in generale, di modelli urbani e sociali che hanno in seno la devastazione del territorio, l’accentuamento delle disuguaglianze, l’isolamento, il restringimento della possibilità di accesso a diritti e servizi.
Durante la tre giorni le aule universitarie, gli spazi sociali, i circoli e i luoghi simbolo dell’Oltretorrente e non solo, sono stati teatro di iniziative di vario tipo che hanno affrontato temi caldi inerenti a formazione e diritto allo studio, questione ambientale e sovranità alimentare, arte e cultura, socialità, diritto all’abitare e tutela del territorio.
L’esperimento è riuscito, abbiamo connesso luoghi, persone e percorsi di socialità, politica e cultura. Ora va scritta collettivamente la storia e la geografia. Farsi processo costituente, farsi istituzione del comune. Fermare i “doni” che vengono fatti alle solite imprese di costruzione, bloccare i progetti speculativi e la cementificazione, salvaguardare i luoghi storici e la memoria del quartiere, il suo tessuto sociale. Queste alcune questioni su cui applicare mutualismo e partecipazione.
Agire il cambiamento è possibile solo mettendo insieme storie, competenze e approcci differenti. Ed è dai luoghi reali di vita e di relazione che si deve ripartire, dai quartieri, perché è lì che risiede la vera ricchezza: quella umana e sociale.

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