“There’s no reason for the establishment to fear me. But it has every right to fear the people collectively – I am one with the people.” (H.P. Newton)
Ci siamo chiesti come si abita un
territorio e cosa voglia dire prendersi cura del proprio quartiere, come
sperimentare forme di autogestione partendo da noi stessi, dalle nostre
specificità e differenze, sottraendoci al giogo dei poteri che basano i
loro diktat su svendita e cementificazione, incuranti dei desideri e
delle aspirazioni di chi il territorio lo vive ogni giorno.
Questa tre giorni, ricca di iniziative
ed eventi culturali, rappresenta una prima sperimentazione che vuole
sviluppare insieme un ragionamento sulle possibili pratiche
della cooperazione sociale e del mutuo aiuto, promuovendo la buona
gestione del patrimonio storico, sociale e culturale, e pratiche di
sviluppo sostenibile e riproducibile.
Lo abbiamo fatto senza il velleitarismo
di volere giungere ad una sintesi con chi ha preso parte a questi giorni
di iniziative. Sappiamo di essere diversi nelle pratiche e nei
linguaggi, ma tutti andiamo a comporre il mosaico che chiamiamo
Oltretorrente. Tuttavia abbiamo cercato di andare oltre l’atomizzazione
dei rapporti interpersonali e l’isolamento del soggetto nei tempi di
produzione e riproduzione provando a stabilire un minimo comune
multiplo: il mutualismo.
L’esperimento dell’Oltretorrente Libero e Solidale si pone anche come alternativa alle politiche securitarie e alle ordinanze antibivacco, che servono solo a fomentare odio e incrementare il divario tra le varie componenti che lo abitano.
Abbiamo deciso all’interno del nostro
quartiere di riaffermare che al centro dell’operato, nostro e di chi ha
dato vita a queste giornate, c’è la solidarietà; diametralmente
contrapposta ai sentimenti di solitudine e paura su cui si fonda la
campagna xenofoba di Lega Nord e dei “fascisti del terzo millennio”. Il nostro punto di vista è quello dell’agire in forma cooperante, in contrapposizione a chi promuove razzismo e invoca naufragi.
In netta antitesi con chi ricama le parole “partecipazione” e
“sostenibilità” su un canovaccio fatto di speculazione e sconvolgimenti
del territorio. Crediamo che un modello sociale sostenibile
debba fondarsi sul riconoscimento delle esperienze che basano la loro
esistenza sull’affermazione di principi di democrazia partecipativa
vera, in grado di porre in essere elementi di mutualità, al di fuori
delle finalità del profitto, ma nell’interesse generale della comunità.
Esempi reali di alternativa, e non campagne di marketing che si
appropriano di linguaggi e desideri della collettività per operazioni
speculative. Parole come “sostenibilità”, “ambiente”,
“valorizzazione del capitale umano”, “nutrizione”, sono sempre più
utilizzate per sponsorizzare la creazione di opere inutili, o, in
generale, di modelli urbani e sociali che hanno in seno la devastazione
del territorio, l’accentuamento delle disuguaglianze, l’isolamento, il
restringimento della possibilità di accesso a diritti e servizi.
Durante la tre giorni
le aule universitarie, gli spazi sociali, i circoli e i luoghi simbolo
dell’Oltretorrente e non solo, sono stati teatro di iniziative di vario
tipo che hanno affrontato temi caldi inerenti a formazione e
diritto allo studio, questione ambientale e sovranità alimentare, arte e
cultura, socialità, diritto all’abitare e tutela del territorio.
L’esperimento è riuscito, abbiamo
connesso luoghi, persone e percorsi di socialità, politica e cultura.
Ora va scritta collettivamente la storia e la geografia. Farsi processo
costituente, farsi istituzione del comune. Fermare i “doni” che vengono
fatti alle solite imprese di costruzione, bloccare i progetti
speculativi e la cementificazione, salvaguardare i luoghi storici e la
memoria del quartiere, il suo tessuto sociale. Queste alcune questioni
su cui applicare mutualismo e partecipazione.
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