Quindi il governo marcia a tappe forzate
verso il varo dei due provvedimenti per l’edilizia e le infrastrutture
che chiudono il cerchio con i decreti già convertiti in legge nei mesi
scorsi. Il Consiglio nazionale degli architetti e le associazioni dei
costruttori si stanno dando un gran da fare per dare una fisionomia al
provvedimento che sia conforme a desideri e possibilità di profitto per
la rendita. Con molta intelligenza non parlano di consumo di suolo ma di
rigenerazione urbana e di sostenibilità ambientale ed energetica.
L’assemblea dei costruttori ha sostenuto
la necessità di un piano Marshall per non chiudere le aziende. I dati
raccontano di un’edilizia tornata ai livelli del 1967 e di una lunga e
profonda crisi, per questo Buzzetti, presidente Ance, pur apprezzando le
iniziative del governo Renzi le giudica ancora insufficienti. Nel dare
atto al governo di aver preso sul serio il problema del settore, i
costruttori chiedono una politica di incentivi alla riqualificazione
urbana, rifiutano di essere criminalizzati come coloro che hanno
saccheggiato il territorio e le città, rilanciano strumenti di
collaborazione pubblico-privato come il project financing, ma
soprattutto invocano defiscalizzazione e credito di imposta.
Infine il capitolo immobili invenduti,
almeno 200mila nel nostro paese secondo l’Ance ma almeno 400mila secondo
altre fonti, sul quale si sta lavorando, sempre secondo Buzzetti, ad
una soluzione innovativa. Non solo nella formula classica degli alloggi
popolari, ma anche con quella più flessibile del cosiddetto housing
sociale. Questa ipotesi di riconversione degli immobili invenduti
andrebbe però limitata alle grandi città dove la tensione abitativa è
più forte. Il fiato sul collo dei signori del mattone nei confronti di
Renzi e Lupi prende forma anche nella quantificazione delle risorse
necessarie per far ripartire l’edilizia nel nostro paese, chiedono il 3%
annuo del Pil nazionale.
Quindi siamo di fronte ad una centralità
assunta sia del tema casa che della questione urbana nuova ed
eclatante. Fino a poco tempo fa l’agenda governativa disdegnava
questioni simili e negava un’emergenza sempre più larga. Ora grandi
opere, grandi eventi e politiche abitative diventano oggetto di
provvedimenti significativi e decisivi nella nuova conformazione dei
territori.
Tanti attori sono scesi in campo e
importanti appuntamenti come la Biennale di Venezia, l’Eire di Milano e
il Saie di Bologna mettono in evidenza il tema della rigenerazione
urbana, dell’abitare, dell’ambiente e dell’energia. Dentro la crisi
quindi si modella un’ipotesi economica che pone nuovamente al centro la
rendita, contro il diritto al reddito di milioni di uomini e donne che
vivono in questo paese.
L’esperienza di “Abitare nella crisi”
non può non ripartire da qui. I censimenti dal basso, le pratiche di
riappropriazione e l’opposizione a progetti ed eventi devastanti per le
città e i territori, sono stati il sale dei nostri percorsi. Le tante e
differenti esperienze cresciute dentro la difesa del diritto alla casa e
al reddito oggi sono più mature. È vero siamo stati colpiti con durezza
e ancora scontiamo la nostra generosità, ma non possiamo dire che ci
eravamo sbagliati, anzi ci stanno sottraendo parole ed immaginario e
questo non possiamo permetterlo.
Le comunità meticce che si sono formate
dentro le occupazioni, nei quartieri, nei territori, hanno con
precisione rappresentato la necessità che il riuso del costruito, la sua
nuova fruibilità sociale e il deciso no ad ulteriore consumo e
saccheggio del suolo è il nostro orizzonte. La battaglia contro il
decreto Lupi, contro l’articolo 5 che aggredisce l’occupazione per
necessità, contro gli sfratti, i pignoramenti e gli sgomberi. L’incontro
con le lotte contro il Tav, il Muos, l’Expo, le grandi navi, le
privatizzazioni e le dismissioni dei beni comuni e del patrimonio
pubblico. Il confronto con l’esperienza referendaria per il diritto
all’acqua e all’energia. La contaminazione vissuta con il sindacalismo
conflittuale nella logistica e in altri settori del mondo del lavoro
precario, intermittente, volontario, a nero. Il contributo di qualità
proposto da esperienze come “genuino clandestino” che con perseveranza e
lungimiranza hanno attraversato centinaia di spazi sociali e abitativi.
La lotta per la casa e le pratiche di
riappropriazione hanno rappresentato per molti di noi una prima istanza
di recupero di reddito, in forma indiretta. Altrettanto possiamo dire
per quanto riguarda i percorsi parzialmente accennati sul diritto al
trasporto pubblico gratuito, al rifiuto dei ticket sanitari,
all’autoriduzione delle tariffe, alla contrattazione sociale
nell’acquisto delle merci nei supermercati, nel libero accesso a
spettacoli e concerti. Un terreno sperimentale di afferm/azione comune
del diritto al reddito.
È chiaro che provvedimenti come
l’articolo 5 intendono scardinare anche sperimentazioni di questa
natura. Per questo dobbiamo ripartire dai luoghi dove abbiamo agito il
“possibile”. Dalla Val di Susa fino a Palermo. Per continuare ad essere
minaccia, dobbiamo coltivare le comunità del conflitto che si stanno
generando con nuovi attivismi e differenti intrecci. Abbiamo colto nel
segno quando ci siamo organizzati nella forma che ha prodotto il 19
ottobre 2013, ma questo ci ha lasciato segni addosso che ci devono far
riflettere. Ripartire dagli spazi occupati e saper mettere in relazione
questi con il conflitto sociale diffuso o in costruzione, non avviene
solo con la soggettività che verrà sicuramente espressa, ma anche dalla
capacità di saper comprendere l’ipotesi sviluppista sostenibile e
securitaria che ha garantito il 41% a Renzi, e quindi darsi una
strumentazione capace di rilanciare pratiche di riappropriazione e
vertenze nei territori. Dentro uno spazio pubblico di confronto quale è
“Abitare nella crisi”, possiamo dare una spinta non indifferente alla
costruzione delle mobilitazioni autunnali.
Se consideriamo centrali i dispositivi
di legge varati e che stanno per varare, e che saranno in effetti
determinanti se come afferma Renzi “dobbiamo fare di più”, non possiamo
non guardare con attenzione a ciò che sta per muoversi in edilizia.
L’accelerazione sui fondi Ue, le semplificazioni radicali per i
costruttori privati, la riprogrammazione della legge obiettivo, il
finanziamento immediato di nuove grandi opere, la riforma dei porti, il
piano aeroporti, gli incentivi per il project financing, la riduzione
del ruolo delle sovrintendenze, il “piano città” e quello dei 6mila
campanili. Tutto questo da settembre si aggiungerà ai decreti già
convertiti in legge e il Cipe benedirà tutto con pacchetti sostanziosi
di finanziamento e defiscalizzazione orientata proprio sul cosiddetto
social housing in project financing. Una vera rivoluzione, che vedrà
anche la nascita di sportelli per l’edilizia e la trasformazione delle
conferenze di servizi, per la gestione del nuovo regolamento edilizio
sugli standard.
Questa è una prateria che abbiamo
incendiato con le nostre lotte. Non facciamoci spegnere! Paolo e Luca
liberi subito! Tutte liberi!
Blocchi precari metropolitani
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