venerdì 14 marzo 2014

ANALISI CRITICA DEL “PIANO CASA” DEL GOVERNO RENZI


Il decreto legge recante “Misure urgenti per l’emergenza abitativa” varato dal Consiglio dei Ministri del 12.03.2014 comprende al suo interno un insieme di misure applicate con costanza negli ultimi decenni che di certo non rappresentano una scatto in avanti per affrontare l’emergenza abitativa evocata nel titolo, misure che non hanno assolutamente intaccato l’enormità del problema abitativo in Italia e che risulta irritante vedere riproposte tali e quali dopo anni e anni di fallimenti.
L’ambito normativo in cui ci si muove è sempre quello dalla legge 431 del 1998 che ha introdotto la liberalizzazione degli affitti e ha lasciato mano libera ai proprietari di casa nel fissare le condizioni di mercato degli affitti. Gli interventi dello stato sono, anche con questo decreto, al massimo rivolti a contenere gli effetti nefasti della liberalizzazione senza andare ad intaccare la supremazia assoluta dell’interesse della rendita e della proprietà, cercando anche di stroncare, con l’art. 5 del decreto, i movimenti di riappropriazione dal basso di valore d’uso. Al massimo potranno avere qualche giovamento le famiglie che si potranno permettere l’housing sociale o l’affitto concordato, con prezzi sempre più vicini a quelli di mercato, quindi famiglie con reddito medio/medio-basso. Completamente escluse le situazioni di vero disagio, gli sfrattati, le famiglie con un solo reddito precario o senza reddito, condannati sempre di più all’emarginazione. Altro che cambio di tendenza!
Questo piano casa è uguale a quello di Berlusconi,
rispolverando la vendita del patrimonio erp, facendone un perno centrale della manovra, andando a impoverire ulteriormente la dotazione già misera (meno del 4% del totale delle abitazioni) dei comuni italiani.
In continuità con le manovre precedenti sulla casa sembra fatto per offrire facili occasioni di intervento alle imprese del settore edile, che si vedono riconosciuti anche benefici fiscali (art.6). Non si accenna a misure minimali come il blocco degli sfratti, la tassazione dello sfitto o il recupero a fini di edilizia pubblica di aree edificate abbandonate (caserme per esempio).
La classe proprietaria è una casta i cui interessi non devono essere essere sfiorati e costoro sono i veri beneficiari di una manovra che si presenta sotto mentite spoglie. Noi restiamo persuasi, anche di fronte al fallimento già verificato delle misure pedissequamente riproposte con questo decreto, che il bisogno di casa vissuto da centinaia di migliaia di famiglie, giovani, studenti sia risolvibile, in completa controtendenza con il piano casa di Renzi e Lupi, andando a intaccare pesantemente la grande proprietà immobiliare, con la requisizione dello sfitto, il blocco degli sfratti, un piano di edilizia popolare da avviare su aree già edificate e abbandonate, la conversione dell’edilizia sociale/housing sociale in edilizia residenziale pubblica.

Veniamo a un’analisi più approfondita del provvedimento tanto sbandierato come dirompente e innovativo
All’art 1 si definiscono gli importi per gli anni a venire del fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione e per la morosità incolpevole.
Il primo fondo è stato istituito sempre con la legge 431/98 per permettere agli inquilini di sostenere il pagamento del costo dell’affitto anche in caso di difficoltà. Il fondo nel 1999 era di 388 milioni di euro, oggi in una situazione di crisi devastante e con un numero infinitamente più alto di famiglie in difficoltà con il pagamento degli affitti il fondo è passato a 100 milioni di euro. A ben poco vale ricordare che nel 2013 il fondo era stato addirittura azzerato. Si tratta comunque di soldi che passano direttamente dallo stato al proprietario che affitta, garantendo con soldi pubblici la rendita del proprietario al quale i soldi vengono versati direttamente. Stesso discorso per il fondo della morosità incolpevole: in cambio della sospensione momentanea della procedura di sfratto il proprietario riceve dallo stato quanto gli spetterebbe. Anche in questo caso si distribuisce miseria. Di fronte alla marea montante degli sfratti i 60 milioni scarsi di Euro previsti per il 2014 e 2015 di questo che possiamo considerare il surrogato del blocco degli sfratti, sono un insulto all’emergenza sociale. Il sistema dei fondi come abbiamo da sempre denunciato giova principalmente ai proprietari e garantisce la rendita, vero interesse tutelato da questa misura.

Con l’art 2 e l’art 9 il decreto intende rilanciare il secondo canale di contrattazione, quello a canone concordato. In cambio di agevolazioni fiscali il proprietario si impegna in questo caso ad affittare a un livello d’affitto definito sulla base di contrattazioni territoriali tra rappresentanti dei proprietari e degli inquilini. Stiamo parlando di canoni un po’ più bassi del libero mercato ma comunque ben remunerativi per i proprietari. Questo secondo canale, introdotto sempre dalla legge 431/98 è stato per anni completamente soppiantato dal canale di contrattazione libero. Ultimamente si cerca in tutti i modi di rilanciarlo con l’aumento delle agevolazioni fiscali come in questo caso con la riduzione dal 15% al 10 % della cedolare secca. Rimane il fatto che questo tipo di contratto decolla solo nelle provincie dove si aggiornano gli accordi territoriali cioè dove si aumenta il livello dei canoni concordati. Lasciando il pallino nelle mani dei privati naturalmente questi si orientano verso le soluzioni più redditizie e non certo verso la soluzione dell’emergenza casa.
All’art 2 si prevede anche la possibilità di coinvolgere e finanziare tramite convenzione coi comuni le cooperative edilizie che affittano a canone concordato.

All’art.3 e 4 si parla del patrimonio residenziale pubblico. Da un lato art 4 per avviare un piano di recupero degli alloggi ERP non assegnati per i quali verranno utilizzati fondi già esistenti nel bilancio del ministero delle infrastrutture e non spesi per un massimo di 500 milioni di euro più 67,9 milioni di euro non spesi da programmi di edilizia residenziale precedenti. Nella relazione tecnica del decreto si parla di 12.000 alloggi l’anno, staremo a vedere, ma sono ben poca cosa rispetto alle 650.000 famiglie attualmente in lista d’attesa nelle graduatorie.
All’art. 3, però, in piena contraddizione con il progetto di estendere la disponibilità di alloggi ERP esposto all’art.4, si prevede di accelerare il piano di dismissione di alloggi ERP già previsto dal Governo Berlusconi nel 2008.
Gli alloggi vengono offerti con diritto di prelazione agli inquilini ma come si è sempre riscontrato nel caso di procedimenti analoghi,in mancanza di prelazione dell’inquilino l’alloggio viene venduto al privato che vuole fare la speculazione, ma questo non è l’unico limite naturalmente di provvedimenti di questo tipo perché anche se gli introiti della vendita degli alloggi devono essere reinvestiti nel campo dell’edilizia residenziale pubblica la partita ha un risultato netto sempre a perdere e ciò significa che il patrimonio complessivo si impoverisce inevitabilmente, anche perché gli standard per le nuove costruzioni sono sempre molto più costosi del vecchio.

Dell’art.5 abbiamo già accennato. Si vuole stroncare qualsiasi movimento che vada ad intaccare gli interessi della speculazione e che cerchi di orientare la proprietà privata inutilizzata verso finalità sociali. Impedire l’acquisizione della residenza e l’allaccio delle utenze negli stabili occupati significa tentare di eliminare uno strumento concreto e diretto di risoluzione del bisogno abitativo, unico strumento esistente per migliaia e migliaia di persone che vi fanno ricorso, il tutto di fronte al nulla prospettato a livello istituzionale anche con questo decreto. Se si abbandona la pratica della riappropriazione diretta l’emergenza sociale diventerà ancora più drammatica proprio perché le soluzioni offerte dal mercato e dalle istituzioni non sono raggiungibili.

Art.6 prevede agevolazioni fiscali per le imprese che affittano alloggi sociali.

Art.7 prevede detrazioni fiscali per chi è titolare di contratto di locazione di alloggi di social housing.

Art.8 altro articolo che prende in considerazione chi la casa ce l’ha già (alloggio sociale) per favorirne in questo caso il riscatto in proprietà tramite agevolazioni fiscali.

Art. 9 vedi art.2 di cui sopra si parla di agevolazioni fiscali per chi affitta a canone concordato.

Art.10 detrazioni Irpef per l’acquisto di mobili e arredi.

Art.11 ha la finalità di accelerare i piani di social house già avviati o di tramutare in social housing progetti edilizi destinati ad altre finalità.

Art.12 e 13 sono articoli di definizione operativa e copertura finanziaria.

Che dire tutto già visto, sperimentato, fallito, metà degli articoli riguardano chi la casa ce l’ha già, altri sono fatti esplicitamente o implicitamente per i proprietari, i piani sul recupero erp sono annullati da quelli sulla vendita. Bisogna a questo punto chiedersi se la povertà e l'emergenza casa siano un problema o un'opportunità per questo governo.
Il senso di questa manovra è per noi chiaro, attaccare pesantemente la dignità di chi oggi vive, incolpevolmente, senza reddito sufficiente per arricchire a dovere gli speculatori. Minacciare chi prova sollevarsi contro una legalità ingiusta e un destino che non bisogna cambiare. Garantire ai soliti noti rendite e potere a scapito dei diritti di tutti. Vogliono creare una nuova classe di schiavi, disposti ad accettare tutto, impauriti ed isolati. Sta a noi impedirglielo, ne va del nostro futuro, della nostra dignità, della nostra vita.

AVANTI CON LA LOTTA

RETE DIRITTI IN CASA PARMA

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