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venerdì 8 maggio 2020

ancora su Fidenza


Il decreto Cura Italia, convertito nella legge 27 2020, all’art. 103 dichiara la sospensione degli sfratti fino al 1° settembre 2020. Si tratta dell’unico provvedimento in materia di politiche abitative messo in campo dal Governo. Ci sono dunque tantissime lacune in questa legge, ma perlomeno, attraverso l’art. 103, si cerca di permettere una parziale attuazione delle disposizioni che prescrivono di “stare tutti a casa”.
Orbene a Fidenza, un comune del parmense di circa 25000 abitanti, il sindaco PD Andrea Massari, ha sbattuto in strada una famiglia con 3 figli minori, nonostante l’emergenza sanitaria in atto. In questo modo sta esponendo queste persone, e coloro che dovessero venirne a contatto, al rischio di contagio.
Lo sfratto, lo sgombero, la cacciata di casa sono sempre situazioni tragiche che incidono fortemente sulle condizioni fisiche e mentali di chi li subisce; in questo caso viene messa in pericolo anche la vita stessa e la salute pubblica. Si tratta di un atto gravissimo che anche le autorità sovraordinate preposte dovrebbero prendere in considerazione e sanzionare perché è un atto vigliacco e violento, che vede coinvolti anche dei minori.

Ci teniamo inoltre ad approfondire le circostanze in cui questa situazione si è verificata, che riteniamo indicative di un modus operandi meritevole di diverse considerazioni.
La famiglia in questione è di origini tunisine, abita a Fidenza da tantissimi anni e viveva in una casa popolare. A causa della perdita del lavoro da parte del padre di famiglia si verificano delle morosità. Non riuscendo a mantenere tutti i figli, due di loro vengono portati dai parenti in Tunisia. La famiglia pian piano si riprende dalla fase di difficoltà e formalizza un piano di rientro per la morosità della casa popolare; i figli tornano per frequentare le scuole fidentine. Dai documenti in nostro possesso, a fronte di un ammontare complessivo di 18.000 € di affitti, risultano pagati 16.000 €, con gli ultimi versamenti effettuati a gennaio 2020. Non si capisce perché i servizi sociali, gli assessori al sociale e il Sindaco non abbiano fermato lo sfratto, che si concretizza il 25 gennaio 2020. La famiglia viene quindi ospitata in un residence. Si accumulano così spese per il Comune di molto superiori alla residua morosità del nucleo. La diffusione dell’epidemia costringe l’amministrazione a prolungare l’ospitalità nel residence; contemporaneamente gli assistenti sociali infittiscono le minacce di una imminente revoca dell’ospitalità, con inviti a tornare a casa (cosa non facilissima da attuare in tempi di Covid, data la attuale difficoltà, nonché pericolosità, di un viaggio aereo internazionale) e ad arrangiarsi a trovare una casa privata in affitto (mentre tutte le agenzie immobiliari sono chiuse).
Il 5 maggio, appena un giorno dopo il termine del lockdown (che non implica certo la fine dei pericoli di contagio e della necessità di restare a casa), la famiglia viene fatta uscire dal residence, senza alcuna alternativa. Per ora il pernottamento in sicurezza è consentito grazie all’interessamento del datore di lavoro che ospita a sue spese la famiglia presso un albergo.
All’uscita del comunicato di denuncia della situazione da parte della Rete Diritti in Casa di Parma, il sindaco Massari si scatena sulla stampa elencando una lunga serie di nefandezze che sarebbero state messe in atto dal nucleo, in gran parte vere e proprie falsità. Si proclama la morosità totale da parte del nucleo (che in realtà ha pagato quasi tutto), l’assenza da casa e presunte strategie per mantenere l’alloggio popolare, il tutto dichiarato con un tono autoritario, giustizialista e paternalista da manuale leghista. Il sindaco non si fa scrupoli nello sciorinare dati sensibili conditi da dati completamente inventati e chiacchiere di paese, in barba alla legge sulla privacy. Un atteggiamento da querela.
L’unica colpa della famiglia in realtà è quella di non avere le spalle coperte, di avere trascorso dei periodi al limite della povertà assoluta e di poter attualmente contare su un solo stipendio. Non pensiamo ci siano colpe particolari per questo.
Aver sfrattato la famiglia dalla casa popolare, proprio quando era in grado di mantenerla, è stato un errore imperdonabile da parte dei servizi sociali. In quella casa ci sono ancora tutti i loro mobili e gli oggetti di uso quotidiano. Il buonsenso vorrebbe che in quella casa, data la piena disponibilità a pagare la morosità residua, la famiglia possa tornare.
Aver obbligato la famiglia a lasciare anche il residence di emergenza, nella situazione attuale, senza offrire alternative, è stato un atto criminale. La casa è un diritto fondamentale, ora più che mai.

RETE DIRITTI IN CASA PARMA

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